LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Nel procedimento incidentale, promosso nell'ambito del giudizio iscritto al numero 1.098/09 R.G.A., ha deliberato la seguente ordinanza Uditi, in camera di consiglio: il difensore della ricorrente, avvocato Giuseppe Urso, il quale ha concluso con richiamo alla memoria prodotta, colla quale ha chiesto sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione agli articoli 3, 23, 24, 111 e 113 della Costituzione e, con riferimento all'articolo 10 della Costituzione, in relazione all'articolo 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; e, comunque, ha insistito "per concessione della sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza gravata"; il rappresentante della Agenzia delle entrate - Ufficio di Crotone, dott.ssa Santise, la quale ha concluso per la manifesta infondatezza della eccezione di legittimita' costituzionale e per la inammissibilita' della richiesta di sospensione; Udito il Presidente relatore; Esaminati gli atti del procedimento; Premesso che la contribuente Teresa Fusca' - ricorrente per cassazione avverso la sentenza 23 giugno 2010, n. 481/08/10, colla quale questa Commissione tributaria regionale, in riforma della appellata sentenza della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia 26 marzo 2008, ha accolto il gravame della Agenzia delle entrate, Ufficio di Vibo Valentia, e, per l'effetto, ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso l'avviso di accertamento della maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'anno 2000, in ragione di € 60.952,76 e di irrogazione della relativa sanzione pecuniaria in ragione di euro 62.877,08 - mediante ricorso del 25 febbraio 2011, ha chiesto, ai densi dell'articolo 373 cod. proc. civ., la sospensione della esecuzione della ridetta sentenza di secondo grado 23 giugno 2010, allegando copia del ricorso per cassazione e prospettando il pericolo di danno grave e irreparabile in considerazione dell'importo "estremamente rilevante" del credito azionato, con emissione della cartella di pagamento, in rapporto al reddito annuo di essa ricorrente; Rilevato che, disattesa la mozione della ricorrente di concessione della sospensione inaudita altera parte, instaurato il contraddittorio nei confronti della Agenzia delle entrate - Ufficio di Vibo Valentia ed espletati opportuni accertamenti in ordine allo stato del ricorso per cassazione, proposto e non ancora sottoposto all'esame preliminare da parte della Corte di legittimita' (v. nota 17 giugno 2011 della Cancelleria della Sezione Tributaria della Corte suprema di cassazione), alla udienza in camera di consiglio del 7 luglio 2011 le parti hanno concluso nei termini riportati in epigrafe; Considerato che assume carattere preliminare, rispetto all'esame del merito della istanza di sospensione, l'accertamento della proponibilita' della domanda cautelare in relazione alla verifica del riconoscimento da parte dell'ordinamento giuridico della tutela interinale invocata dalla ricorrente; Considerato che, a dispetto del generale, negativo orientamento della giurisprudenza circa la applicabilita' al giudizio tributario dell'articolo 373 cod. proc. civ., la Commissione tributaria regionale della Campania, con ordinanza pronunciata il 13 ottobre 2008, ha sollevato - in riferimento agli articoli 3, 23, 24, 111 e 113 della Costituzione, nonche', quale norma interposta all'articolo 10 della Costituzione, in riferimento all'articolo 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ed eseguita con legge 4 agosto 1955, n. 848 - la questione di legittimita' dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), il quale stabilisce che "Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, escluso l'articolo 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto", nella parte in cui, la succitata norma - escludendo l'applicabilita' al processo tributario dell'articolo 337 cod. proc. civ. e, conseguentemente„ delle disposizioni menzionate da tale articolo, tra le quali e' compreso l'articolo 373 cod. proc. civ., (il quale stabilisce, al secondo periodo del primo comma, che "il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata puo', su istanza di parte e qualora dall'esecuzione possa derivare grave ed irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione") - non prevede, in unico grado, "la possibilita' di sospensione della sentenza di appello tributaria, impugnata con ricorso per cassazione, allorquando ivi sopravvenga, per la prima volta, il pericolo di un grave ed irreparabile danno, con carattere di irreversibilita' e non altrimenti evitabile"; Considerato a tal fine che la disposizione censurata appare porsi in contrasto con: a) il principio di ragionevolezza di cui all'articolo 3, primo comma, Costituzione, perche' irragionevolmente esclude la tutela cautelare "a fronte di atti impositivi esecutivi per la prima volta emessi in esecuzione di una sentenza di secondo grado sfavorevole all'appellato e, pertanto, consente il sacrificio inevitabile ed irreparabile" dei diritti del contribuente; b) gli articoli 23 e 24 Costituzione, perche' prevede l'assoggettamento ad esecuzione forzata "senza che in base alla legge il debitore possa adire un giudice in sede cautelare", pur essendo la disponibilita' di misure cautelari componente essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'articolo 24 Costituzione; c) gli articoli 111 Costituzione e 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (ratificata ed eseguita con legge 4 agosto 1955, n. 848), in relazione all'articolo 10 Costituzione, perche' "il ritardo di giustizia non puo' tradursi, nelle more della sentenza della Corte di cassazione", avente ad oggetto la sentenza di appello impugnata, "in perdita irreversibile del patrimonio del contribuente che, in ipotesi, risultera' avere ragione"; d) l'articolo 113 Costituzione, perche' "aprioristicamente impedisce un rimedio cautelare avverso l'attuazione di una pretesa tributaria, fondata su una sentenza di secondo grado", [..] e, pertanto, si pone in contrasto con il precetto costituzionale secondo cui la tutela giurisdizionale dei propri diritti ed interessi legittimi e' "sempre" ammessa. Considerato che il Giudice delle leggi, con sentenza 9 giugno 2010, n. 217, ha dichiarato inammissibile la questione, in punto di rilevanza, censurando "il mancato tentativo - da parte del giudice a quo - di una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione denunciata" nel senso della "applicazione al processo tributario della sospensione cautelare prevista dall'articolo 373 cod. proc. civ., con conseguente insussistenza del prospettato contrasto con gli evocati parametri costituzionali" e, in proposto, ha rilevato che "non v'e' alcuna pronuncia della Corte di cassazione, ma solo [..] orientamenti della giurisprudenza di merito, che non assurgono a diritto vivente"; Considerato, tuttavia, che la Corte suprema di cassazione, con sentenze del 13 ottobre 2010, n. 21121 e del 31 marzo 2010, n. 7815, ha fissato il principio di diritto secondo il quale "nel processo tributario e' esclusa ogni possibilita' di tutela cautelare nei confronti dell'efficacia esecutiva della pronuncia di secondo grado"; Considerato che a tale indirizzo questa Commissione, prestando piena osservanza al magistero nomofilattico, ritiene di doversi uniformare nella interpretazione del diritto vigente; Considerato che, esclusa, pertanto, la possibilita' della interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni sospettate di incostituzionalita', la questione relativa e' palesemente rilevante, non consentendo, altrimenti, l'ordinamento giuridico, secondo il diritto vivente, la invocata tutela inibitoria (incongruamente pretesa dalla ricorrente nelle more del giudizio del Giudice delle leggi); Considerato, a tal fine, che alla stregua del ricorso per cassazione proposto dal contribuente appare apprezzabile la ricorrenza del fumus boni iuris, in relazione alla pretermissione da parte del giudice di appello della scrittura privata del 19 febbraio 2003 recante la dichiarazione della simulazione compravendita di quote della societa' Faltur s.a.s., tra Falzetta Pasquale (venditore) e la Fusca' (acquirente), laddove il relativo acquisto, in relazione al reddito di impresa derivatone, e' stato posto a base dell'accertamento tributario impugnato (v. il terzo motivo del ricorso per cassazione, pp. 6-7 della impugnazione); Considerato che, peraltro, concorre il periculum in mora, in quanto l'importo della cartella di pagamento emessa (€ 152.519,00) e' ingente a fronte del modesto reddito della instante; Considerato, che, per le ragioni sopra enunciate, alle lettere a), b), c) e d) che precedono, la questione non appare manifestamente infondata; Considerato che, in relazione alla tutela inibitoria invocata e, in particolare, in relazione al presente incidente di legittimita' costituzionale, non trova applicazione la sospensione della "lite fiscale", ai sensi dell'articolo 39, comma 12, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, concernendo la ridetta previsione il processo principale, laddove, peraltro, nessuna moratoria risulta disposta per la riscossione;